mercoledì 28 luglio 2010

Lo zen e l’arte di sollevare il dito medio

Se siete un motociclista, prima o poi qualcuno ve l’avrà chiesto… In genere la fatidica domanda arriva poco dopo gli sguardi sorpresi per il fatto che (NONOSTANTE siate un motociclista) il pollice opponibile vi consenta di impugnare le posate come tutti gli altri, e che riusciate a sostenere una conversazione senza interporre fragorosi rutti tra una frase e l’altra. Ma dai? Un motociclista? Eppure sembrava tanto un bravo ragazzo… Poi, LA domanda: ma hai letto “lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”? Come se la lettura di questo libercolo potesse in qualche modo sdoganare la figura del motociclista brutto sporco e cattivo, costruita nel tempo da letteratura e cinematografia di vario ordine (da “easy rider” a “svalvolati on the road”). Il libercolo in questione è uno scritto del 1974 di Pirsig, in cui l’autore si forza (con la scusa di un viaggio in moto in compagnia del figlio) di descrivere la propria ricerca interiore… A parte la qualità del risultato (personalmente trovo il testo piuttosto palloso), c’entra proprio pochino sia con lo zen che con la motocicletta. Lo metto piuttosto in relazione con la necessità (attraverso l’ostentata lettura di un libro considerato “impegnato”) di giustificare il proprio essere motociclista nelle conversazioni con gli intellettualoidi da salotto. Un po’ come “l’arte della guerra” di Sun Tzu, il più grande, pallosissimo, estenuante concentrato di banalità che abbia mai letto, ma a cui nel tempo è stata conferita un’aura di misticismo, spiritualità e filosofia a mio parere assolutamente posticcia (non per niente è oggi considerato un testo sacro in quei paradigmi di farlocchismo che sono i corsi di formazione dei “patamanager” e che poi sfornano quei “diversamente manager” che conosciamo). Così come non riesco a vedere “arte” in una cosa inevitabilmente sporca come la guerra (devo ancora capire cosa ci sia di artistico in uomini addestrati a non pensare che si uccidono senza sapere il perché, e cosa ancor più grave spesso senza nemmeno domandarselo), per me non c’è proprio nessuno zen nella manutenzione della motocicletta… anzi, devo dire che ho il sospetto che la sequela di irripetibili bestemmie che lancio quando mi trovo unto di grasso come un gladiatore a rincorrere una rondella che non ho idea da dove sia uscita, non mi avvicini alla buddhità. Ma mi rendo conto che è una cosa personale, e che qualcuno lo trova perfino rilassante.
Per cui, se mi vedi nero e sporco con una chiave del 13 in mano, e mi chiedi se ho letto “lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”, io ti sorriderò e solleverò lentamente il dito medio… ma non prendertela, non ti sto mandando a quel paese, sto solo attivando il mio diciannovesimo chakra… E’ il Chackra Norris,e la vibrazione interiore del mio io tantrico ti sta prendendo a calci circolari…


P.S.: Se poi passi dal gommista, fatti controllare la pressione della ruota del Karma, che mi pare un po’ sgonfia..

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