mercoledì 28 luglio 2010

Il recinto delle istrici trascendenti

Il titolo vi sembra un po’ cervellotico? Bene, è un ottimo inizio, perché, come spesso accade, sto iniziando a scrivere senza sapere dove arriverò né per quali strade: essere preparati al peggio, aiuta!
Il fatto numero uno è che ho letto di recente il delizioso romanzo di Muriel Barbery “L’eleganza del riccio”, superbamente tradotto da Emmanuelle Calliat (Paloma) e Cinzia Poli (Reneè). (*)
Il fatto numero due è che, mio malgrado, ho trovato delle significative similitudini con l’italiano “La solitudine dei numeri primi”, di cui ho scritto, tra l’altro, qui. E’ come se suonassero, in sottofondo, la stessa nota su due ottave differenti: l’incapacità dei personaggi di relazionarsi con il contesto sociale che li circonda diventa in un caso distruzione dell’ interiorità e nell’altro annichilimento esteriore, generando comunque un conflitto che rimane irrisolto. Ciò che più colpisce è quanto acuta e frustrante sia (evidentemente tanto nella società francese che in quella italiana) la percezione della “dittatura della massa”. Se state pensando a Marx ho due notizie per voi, una buona e una cattiva: la buona è che evidentemente conoscete almeno i rudimenti del pensiero filosofico sociale del ‘900, la cattiva è che, purtroppo, non c’entra niente. Ciò che io chiamo dittatura della massa è la pressione sociale ad uniformarsi a modelli prestabiliti. Questa pressione si è tanto più acuita, tanto più la circolazione di notizie ed opinioni si è estesa a comprendere ogni strato sociale (tornerò in seguito su questo concetto). Contemporaneamente, la crescente affidabilità delle statistiche grazie all’aumentata potenza di calcolo disponibile, ha alimentato la pretesa di poter trattare sistemi complessi (compresi i sistemi ad alta interazione interna come i fenomeni sociali) sulla base delle rilevanze statistiche risultanti, generando il proliferare del “pop” (inteso come generica tensione verso una forma espressiva destinata a raggiungere il maggior numero possibile di fruitori: la pop art, la pop music ed oggi, infine, la pop politik).
Questo approccio ha due difetti: il primo è che funziona, sia nelle applicazioni scientifiche (come lo studio dei moti Browniani nei fluidi), sia in quelle macroeconomiche (Modello di Black-Scholes per l’andamento di azioni, derivati e futures). Per capire perché questo sia un difetto nell’applicazione sociale, bisogna giocare a “scopri le analogie”: cosa hanno in comune l’osservazione di un fluido apparentemente fermo e l’analisi “high-level” dei mercati finanziari? Il fatto che l’osservatore sia esterno al sistema e (secondo metodo scientifico) non interagisca con esso. In un simile contesto, le turbolenze interne (dei fluidi o del mercato) non hanno rilevanza alcuna, almeno finché la loro risultante è nulla. Se parliamo di società (intesa come sistema di singoli elementi aggregati da una ragnatela di relazioni), i moti interni sono le variazioni del pay-off che noi riceviamo dall’appartenenza a detto sistema, cioè la nostra felicità e la nostra soddisfazione. Tutt’altro che trascurabile, direi.
Il secondo difetto è quello che porta al paradosso dell’indovina (o delle previsioni auto avveranti), reso famoso da una scena di Matrix (ORACOLO: Oh... E la domanda successiva che ti frullerà nel cervello sarà "lo avrei rotto lo stesso se non avesse detto niente?"). Se si contravviene al metodo scientifico e si usa la statistica per fare previsioni sul fenomeno ed interferire con esso aumentando il proprio pay-off personale, l’evoluzione sarà viziata dall’azione intrapresa: se io prevedo che le azioni della Canestracci Oil saliranno e ne faccio incetta, ciò farà innalzare il valore di quelle azioni, indipendentemente dall’evoluzione naturale del mercato (e dallo stato finanziario della Canestracci Oil), provocando di fatto uno scollamento tra il modello ed il problema. Ovviamente il fenomeno si amplifica quanti più sono i soggetti in grado di avere accesso alla previsione, fino a formare l’opinione condivisa che la Canestracci Oil sia, oltreché un investimento sicuro, una società solida ed affidabile.
Da qui al paradosso di Abilene (lo so, ci sto girando intorno da un sacco di tempo…) il passo è brevissimo: un’opinione pubblicamente condivisa, seppur individualmente contestata sulla base di esperienza reale, è in grado di influenzare i comportamenti dei sottogruppi di un sistema. Riporto qui la favoletta presa da Wikipedia:

Una tranquilla famiglia americana composta da una ragazza, dal marito e dai genitori di lei, stava trascorrendo un afoso pomeriggio estivo a Coleman nel Texas, in una bella casa con giardino, aria condizionata e piscina. Erano in veranda e giocavano a carte. In un momento in cui la conversazione languiva, il suocero se ne uscì con un "Che ne direste di andarcene tutti a cena ad Abilene?" La ragazza, per compiacere il padre, subito disse "Mi pare una bella idea!". Il marito, che pensava alle oltre 50 miglia da passare alla guida con quel caldo, ma non voleva contrastare il suocero, disse alla suocera "Se anche tu sei d'accordo potremmo metterci in macchina". E la suocera "Certo che vengo volentieri, è da parecchio che non vado ad Abilene." Detto fatto si misero in cammino. Il viaggio fu caldo, polveroso, e con molto traffico. Ad Abilene cercarono una pizzeria per mangiare e dopo vari giri per trovare un parcheggio finirono in una trattoria messicana dove mangiarono male e spesero uno sproposito. Sulla via del ritorno bucarono una gomma e stentarono a trovare una stazione di servizio che li aiutasse. Dopo quattro ore si ritrovarono a casa accaldati, stanchi e delusi. Erano sdraiati sui divani ed il vecchio azzardò ambiguamente "È stato un bel tragitto!". La suocera disse che avrebbe preferito rimanere a casa ma che non voleva raffreddare l'entusiasmo degli altri. Anche il marito disse che aveva accettato solo per compiacere gli altri tre. La ragazza aggiunse "Dovevamo essere pazzi a metterci in macchina con questo caldo!". Concluse il suocero "Io l'ho proposto perché mi sembravate annoiati."

In pratica, un gruppo di persone prende una decisione che va contro agli interessi di tutti gli individui del gruppo. È causato da un problema di comunicazione interno al gruppo, per cui ciascun membro crede erroneamente che la propria preferenza sia contraria a quella del gruppo e non prova nemmeno a sollevare obiezioni (sempre da Wikipedia)

Per tornare al nostro riccio, Reneè si spinge ancora un passo più avanti: nasconde agli altri componenti del gruppo il fatto che lei, ad Abilene, non ci volesse proprio andare, e si finge, anzi, entusiasta per uniformarsi all’immagine che il gruppo ha di lei, mentre Paloma fa finta di volerci andare salvo meditare di evitare all’ultimo minuto la partenza a costo di soluzioni drastiche. Eccola, la dittatura della massa, l’impossibilità di contrastare il “tutti pensano che”. Ed ecco, in Mattia, la punizione per il suo diniego: sofferenza, fallimento, solitudine, spesso autoinflitti.
Nell’ambito del management, solitamente, si cerca di mitigare il rischio del paradosso di Abilene formando gruppi di lavoro di estrazione eterogenea , che quindi non condividano un bagaglio di opinioni comuni. Avevo promesso che ci sarei tornato, ed eccomi qui. Immaginate di abitare in un piccolo paese chiamato Frittole, nella Spaturnia Citeriore, in cui, sebbene le preferenze sessuali rispettino la distribuzione statistica del resto del pianeta J-HOP e delle sue principali lune (60% di eterosessuali, 20% di omosessuali, 20% di lamofili)sia considerato esecrabile l’accoppiamento con i lama. Avremo un sottogruppo del sistema Frittole (composto dal 20% della popolazione) che subirà la pressione dei Frittolesi sotto forma di maldicenze, pettegolezzi ed ostacoli vari umani e professionali. Gli elementi di questo gruppo hanno però una possibilità per aumentare il loro pay-off (felicità e soddisfazione): trasferirsi a W-HIP2, la luna più grande di J-HOP, dove la lamofilia è accettata come naturale, né vi è consapevolezza alcuna che da qualche altra parte non lo sia, dato che le comunicazioni sono limitate dalle distanze e dalla cupola di atmosfera artificiale. Almeno così era stato fino all’anno 3112 d.a.i.c.u.r (dall’apparizione dell’invisibile unicorno rosa), quando il geniale scienziato Luconi perfezionò il teletrasporto e la comunicazione mentale. Alcune delle opinioni condivise dai “tutti” locali sono diventate (sebbene diluite nella massa) condivise dal “tutti” globale, e tra queste, malauguratamente, la lamofilia. Esiste ora un sottogruppo assai più grande dell’iniziale 20% dei Frittolesi (composto dai lamofili di J-HOP, quindi il 20% degli abitanti di J-HOP e province imperiali) che subisce una pressione maggiore e non ha possibilità alcuna di aumentare il proprio pay-off nel gioco delle relazioni di appartenenza alla società. Alcuni di loro diventeranno delle Reneè, alcuni delle Paloma, molti dei Mattia. Il sistema rimarrà in equilibrio poiché altri gruppi (i lamofobi) avranno aumentato il loro pay-off, producendo statisticamente una risultante nulla.
L’esempio sulle preferenze sessuali è molto eclatante, ma ovviamente il concetto si può espandere a piacere in molte direzioni, divenendo tanto più invasivo quanto più i modelli si fanno (seguendo il paradosso di Abilene e le previsioni autoavveranti) rigidi, estesi e condivisi, rendendo difficoltosi i moti caotici.
Qual è il trucco per uscirne? Distruggere l’illusione della bassa varianza. Gli statistici assumono (nella maggior parte dei casi, correttamente) che rispetto ad un determinato comportamento (o pulsione) la distribuzione del coefficiente di condivisione sia gaussiana con una certa media calcolabile ed una certa varianza. Ad esempio, tenere un animale in casa è un comportamento che avrà un coefficiente di condivisione medio (diciamo cinque su una scala da uno a dieci). La maggior parte della popolazione avrà un coefficiente di condivisione compreso tra tre e sette (moderatamente favorevoli e moderatamente contrari), ci saranno poi le “code” della campana di Gauss costituite da un lato da quelli che se vedono un panda lo bastonano senza pietà e dall’altro da quelli che hanno in salotto una sezione distaccata dello zoo di Berlino. Questi saranno comunque gruppi poco numerosi: si tratta, in sostanza, di una gaussiana a bassa varianza. Ma contrariamente a quanto accade nei sogni erotici di chi studia i fenomeni di massa, le distribuzioni delle pulsioni e dei comportamenti sociali hanno spesso una varianza molto alta (fino a degenerare in alcuni casi, in distribuzioni – ORRORE- uniformi), tanto è vero che il successo dei libri in questione testimonia che molti di noi si identificano nei personaggi ritenendo di galleggiare nelle code della gaussiana, distinguendosi dalla massa, della quale tuttavia subiscono gli imperativi. Questa grande illusione si autoalimenta con la cultura “pop” che, presumendo di mirare al centro della gaussiana, di fatto forma il gusto e le opinioni allo scopo di diminuire la varianza ed aumentare la propria efficacia “commerciale”.
L’illusione della bassa varianza va distrutta, abbattuta a colpi di pernacchie… Abilene è un posto di merda! E non siate Reneè, vi prego, sarete affascinanti ma infelici, e non migliorerete il mondo intorno a voi per il solo fatto di averlo preso in giro!


* Il riconoscere e saper apprezzare sfumature e virtuosismi della traduzione è un’ attitudine che sto allenando, e per questo dono devo ringraziare la mia amica Gabriella, prima ancora del pur illuminante saggio “Dire quasi la stessa cosa” di Umberto Eco.

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